25 Gen Qualcosa, là fuori – libro del mese febbraio 2019
di Bruno Arpaia
Guanda, 2016 – 200 pagine
Non è un day after, non è un terribile inatteso domani: è un oggi portato alle estreme conseguenze. Estreme ma prevedibili fin d'ora. Le conseguenze del cambiamento climatico si sono abbattute su un mondo che non le ignorava ma non le ha volute evitare.
Un mondo in cui tutti sono profughi: non solo i disperati che in proporzioni inedite abbandonano i paesi del Sud del mondo, ma anche i fortunati che ne abitavano quella porzione che chiamiamo Occidente e sono ora costretti anche loro a rischi e fatiche mortali nel tentativo di raggiungere i paesi più settentrionali dove esiste ancora l'acqua. E tutto ciò avviene nel magma di una irreversibile crisi di civiltà, anche questa annunciatasi da tempo, anche questa non contrastata davvero dai detentori della cultura: “sapevano di essere antiquati, di coltivare in estinzione, di amare cose che la gente ormai ignorava o disprezzava: il mondo intorno a loro andava da tutt'altra parte. Si riunivano, ne discutevano, organizzavano presentazioni di libri o conferenze, ma in fondo erano consapevoli che la loro era una battaglia persa.”
Non un'ennesima distopia proiettata in un futuro terrificante, questo romanzo, ma il tentativo di incrinare, oggi, lo stato di negazione nel quale viviamo: quel sapere e nel contempo non sapere, quel sapere che non si traduce in un fare. Spesso neanche in un dire, per il timore di apparire catastrofisti, di restare esclusi dalla corrente di una religione del progresso che senza porsi domande sui fini ciecamente domina il nostro tempo.
consigliato da Carlo
Abstract:Pianure screpolate, argini di fango secco, fiumi aridi, polvere giallastra, case e capannoni abbandonati: in un'Europa prossima ventura, devastata dai mutamenti climatici, decine di migliaia di «migranti ambientali» sono in marcia per raggiungere la Scandinavia, diventata, insieme alle altre nazioni attorno al circolo polare artico, il territorio dal clima più mite e favorevole agli insediamenti umani. Livio Delmastro, anziano professore di neuroscienze, è uno di loro. Ha insegnato a Stanford, ha avuto una magnifica compagna, è diventato padre, ma alla fine è stato costretto a tornare in un'Italia quasi desertificata, sferzata da profondi sconvolgimenti sociali e politici, dalla corruzione, dagli scontri etnici, dalla violenza per le strade. Lì, persi la moglie e il figlio, per sedici anni si è ritrovato solo in un mondo che si sta sfaldando, senza più voglia di vivere, ma anche senza il coraggio di farla finita. Poi, come migliaia di altri, ha pagato guide ed esploratori e ora, tra sete, fame e predoni, cammina in colonna attraverso terre sterili, valli riarse e città in rovina, in un continente stravolto e irriconoscibile.
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